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L'esame degli interventi normativi e giurisprudenziali succedutisi negli ultimi tempi sul tema del trasferimento di azienda induce a sottolineare la centralità che la persona del lavoratore assume nell'ordinamento giuridico italiano. Molto sentita è l'esigenza di proteggere il prestatore di lavoro dalle rilevanti ripercussioni che sulla sua situazione può avere la decisione del datore di lavoro di trasferire la propria azienda. Se da un lato, quindi, si è riconosciuta all'imprenditore la possibilità di disporre della propria azienda, alla stessa stregua di un qualsiasi altro suo bene, dall'altro sono state introdotte garanzie a favore del lavoratore, considerato tradizionalmente quale parte debole del rapporto di lavoro.

Analizzando attentamente il quadro normativo italiano emerge che già i padri dell'attuale Codice civile nel lontano 1942 hanno guardato con particolare preoccupazione al fenomeno del trasferimento dell'azienda e sopratutto al suo possibile uso distorto da parte del datore di lavoro. Ecco perché, dopo l'introduzione di una norma definitoria dell'azienda, hanno inserito nel corpo del Codice l'articolo 2112 contenente proprio la disciplina della vicenda in esame ed hanno conferito ad esso il carattere imperativo escludendo in tal modo ogni sua possibile deroga ad opera della volontà delle parti.La centralità dell'articolo suddetto giustifica i ripetuti interventi modificativi della norma verificatisi negli ultimi quindici anni volti a rendere il suo contenuto sempre più al passo con i tempi e con i registrati mutamenti dei processi produttivi.La difficoltà nella determinazione di una soddisfacente disciplina della vicenda in esame deriva dal fatto che il trasferimento di azienda rappresenta il luogo in cui si vedono coinvolti due interessi tra loro contrastanti ed entrambi meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico: da un lato c'è l'esigenza di tutela sociale dei lavoratori (ratio lavoristica) e dall'altro  quella dell'imprenditore a far circolare l'impresa della quale fanno parte integrante gli stessi lavoratori (ratio commercialistica).