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L'annullamento del provvedimento di aggiudicazione di gara pubblica e gli effetti sul contratto nelle more stipulato

La problematica relativa ai rapporti tra il procedimento di aggiudicazione di gara pubblica (che si conclude con un provvedimento amministrativo) e il contratto stipulato in esito a detto procedimento si pone come diretta conseguenza della particolare natura dei contratti della pubblica amministrazione, quale fattispecie complessa in cui convergono profili sia pubblicistici che privatistici.

Infatti, mentre in diritto civile la formazione del contratto è lasciata alla libera iniziativa delle parti, salvo il rispetto dei principi di correttezza e buona fede, in diritto amministrativo, per regola, la formazione del contratto è preceduta da un procedimento, cosiddetto ad evidenza pubblica, in cui, in parallelo agli atti o ai procedimenti contrattuali di diritto privato, si svolgono dei procedimenti amministrativi aventi lo scopo di rendere conoscibili, anche mediante controlli, i motivi di pubblico interesse del contratto.

Più specificamente, il procedimento ad evidenza pubblica è un procedimento di procedimenti che si articola in almeno quattro fasi necessarie: la delibera a contrattare, con cui la P.A. dichiara l'intento di addivenire ad un contratto di un certo tipo e contenuto; la scelta del contraente (nelle forme di asta pubblica, licitazione privata, appalto-concorso, trattativa privata); l'aggiudicazione-stipulazione ed infine l'approvazione.

Nell'ambito di tale procedimento, una prima classificazione attiene agli atti amministrativi suscettibili di incidere sul contratto stipulato in esito ad esso.

Si distinguono, pertanto, atti privi di rilevanza diretta, atti a rilevanza interna e a atti a rilevanza esterna. Per quanto riguarda i primi, si esclude che abbiano rilevanza diretta rispetto al contratto e quindi possano incidere su di esso, in quanto si tratterebbe di atti con funzione strumentale limitata alle attività interne dell'amministrazione ( quali il progetto di contratto di cui all'art. 5 della legge sulla contabilità dello Stato, i pareri, la mancata iscrizione in bilancio della spesa derivante dalla stipulazione del contratto, ecc.).

Ugualmente, gli atti a rilevanza esterna, essendo atti tipicamente condizionanti l'efficacia del contratto, che possono precedere la stipulazione (autorizzazione) ovvero seguirla (approvazione o visto), inciderebbero sulla sola efficacia del contratto, non sulla sua validità, e pertanto la nullità o l'inesistenza di essi, ovvero la loro rimozione, in sede giurisdizionale o di autotutela, comporterebbe la sola inefficacia del contratto mentre, la mera illegittimità, non rilevata d'ufficio dalla P.A., ne tramite impugnazione, non avrebbe alcun riflesso nemmeno sull'efficacia del contratto.

Un problema di incidenza si pone invece per gli atti a rilevanza intema, ovvero condizionanti la validità del contratto, quali ad esempio la deliberazione di contrarre, l'aggiudicazione, la delega conferita ad un organo amministrativo al fine di concludere il contratto.

Trattandosi di atti indefettibili al fine della legittima genesi del contratto, esisterebbe una sorta di automatica comunicabilità del vizio dell'atto rispetto alla stipulazione.

Sicché, a fronte della nullità dell'atto amministrativo, o della inesistenza di esso, il contratto non potrebbe che essere inficiato dallo stesso vizio.

Allorquando, invece, l'atto fosse illegittimo, il contratto sarebbe attinto da un vizio più tenue, essendo solo annullabile.

Sul piano ermeneutico, il problema dell'interazione tra profili pubblicistici e privatistici (e relativa qualificazione della patologia del contratto stipulato dalla P.A. in conseguenza dell'illegittimità degli atti del procedimento ad evidenza pubblica) ha suscitato in dottrina e giurisprudenza un vivace dibattito che vede a confronto diverse tesi, esemplificativamente riconducibili a cinque distinte categorie:

  • la tesi dell'annullabilità relativa ex art. 1441 c.c.;
  • la tesi della nullità assoluta;
  • la tesi della caducazione automatica;
  • la tesi dell'inefficacia ex art. 1398 c.c.;
  • la tesi del travolgimento del contratto con salvezza dei diritti dei terzi di buona fede, in applicazione analogica degli artt. 23 co. 2 e 25 co. 2 c.c..

Da tali premesse il suddetto orientamento trae la conclusione che gli atti amministrativi adottati nel contesto della procedura di evidenza pubblica, che precedono la stipulazione dei contratti iure privatorum, "non sono altro che mezzi di integrazione della capacità e della volontà dell'ente pubblico, sicché i loro vizi traducendosi in vizi attinenti a tale capacità e a tale volontà, non possono che comportare l'annullabilità del contratto, deducibile, in via di azione o di eccezione, soltanto da detto ente".

L'annullabilità relativa del contratto ex art. 1441 viene, poi, giustificata, dal punto di vista dell'inquadramento teorico, ricorrendo a diverse prospettazioni.

Secondo una prima opinione si tratterebbe di un'annullabilità derivante da una sorta di incapacità a contrattare, la cui nozione sarebbe rinvenibile dall'art. 1425 c.c. e farebbe particolare riferimento all'ipotesi in cui il vizio della serie procedimentale ad evidenza pubblica consista nella radicale mancanza o caducazione della stessa deliberazione di contrattare.

Secondo altro orientamento le eventuali anomalie del procedimento amministrativo prodromico si tradurrebbero in veri e propri vizi del consenso della

P.A. contraente, alla stregua delle fattispecie tipizzate dagli artt. 1427 e sa. c.c. in cui si colloca, tra le altre, l'ipotesi del vizio del consenso per errore essenziale e riconoscibile sulla qualità (di legittimo aggiudicatario) dell'altro contraeste (come dal combinato disposto degli artt. 1428 - errore essenziale e riconoscibile - e 1429 n. 3 - errore sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, in quanto determinante del consenso).

Un ulteriore orientamento, prevalente in dottrina e giurisprudenza, infine, preferisce optare per l'annullabilità da difetto di legittimazione negoziale, configurando la legittimità degli atti del procedimento ad evidenza pubblica come condicio iuris sine qua non per abilitare la P.A., pur dotata dell'astratta capacità giuridica e di agire, a stipulare in concreto il contratto.

La tesi della nullità assoluta, fortemente rappresentata in dottrina e recepita di recente dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sent. 6281/02; Tar Campania, sent. 3177/02 e Tar Puglia, sent. 3 94/03) viene argomentata secondo tre alternative prospettazioni.

Un primo orientamento ritiene che l'annullamento (in sede giurisdizionale o amministrativa) degli atti amministrativi del procedimento di evidenza pubblica, facendo venir meno ex fune il procedimento di aggiudicazione, configuri una mancanza originaria del consenso della P.A. all'assunzione del vincolo negoziale; la nullità del contratto si giustificherebbe, pertanto, alla stregua del combinato disposto dagli artt. 1418 co. 2 e 1325 n. 1 c.c..

Più specificamente il Tar Puglia con la sentenza 394/03 afferma che la qualificazione della patologia in termini di nullità si fonda sulla constatazione secondo cui "la procedimentalizzazione della scelta del contraente ed il suo coordinamento a profili di interesse pubblico in ordine all'acquisizione della migliore offerta contrattuale, configurano una fattispecie complessa, nella quale convergono meri atti, operazioni materiali, provvedimenti, dichiarazioni di volontà del privato, e della quale la stipulazione del contratto rappresenta l'effetto finale.

Ne consegue che l'invalidità di atti della serie procedimentale che incidono sulla legittimità dell'aggiudicazione non consentono alla suddetta fattispecie di conseguire il proprio perfezionamento giuridico ed in primo luogo di determinare l'idem consensus (ovvero l'accordo) che costituisce elemento essenziale di ogni contratto. E' noto che il vizio radicale del consenso, nel senso del suo difetto genetico originario, produce la nullità del contratto, e non la semplice annullabilità ai sensi dell'art. 1418 11° co. c.c.."

Un'opinione minoritaria, limitatamente all'ipotesi dell'originaria mancanza o dell'intervenuto annullamento ex tunc della deliberazione a contrattare, ritiene invece che l'inosservanza del principio della copertura finanziaria (in relazione alla valutazione preventiva dell'impegno di spesa contenuta appunto nella deliberazione a contrattare) determini la nullità del contratto per mancanza della causa ex art. 1418 co. 2 e 1325 n. 2.

Altra parte della dottrina e della stessa giurisprudenza amministrativa riconduce la nullità del contratto alla generale previsione di cui all'art. 1418 co. 1 c.c., che sanziona con la nullità il contratto contrario a norme imperative.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa, ed in particolare il TAR Campania, evidenzia che la normativa sull'evidenza pubblica, in quanto diretta -attraverso la salvaguardia della par condicio tra i concorrenti - ad assicurare i fondamentali valori di imparzialità, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa (art. 97 Cost), nonché di tutela dell'effettività della concorrenza (artt. 2 , 3 par. 1, lett. G e 4 del Trattato CE) innegabilmente cura e protegge "interessi pubblici di primario rilievo, che assorgono a veri e propri principi del diritto pubblico dell'economia vivente, in attuazione di valori essenziali dell'ordinamento, interno e comunitario.