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Circa l'80% dei gravissimi sinistri relativi a bombole di gas di petrolio liquefatto (GPL) risulta causato dall'inesperienza degli utenti che installano autonomamente l'apparato. Questo semplice fatto fa emergere in tutta la sua rilevanza la questione, tutt'ora irrisolta, se gravi o meno una responsabilità sul venditore di GPL che si sia limitato alla mera consegna della bombola, senza provvedere personalmente alle delicatissime operazioni di montaggio e prova di tenuta.

Molto spesso, infatti, anche gli utenti più inesperti eseguono l'installazione senza, ovviamente, osservare le dettagliate regole previste dalla normativa di settore: basti pensare alle disposizioni UNI-CIG che nel corso del tempo hanno reso sempre più minuziosi gli accorgimenti necessari nella fase di montaggio, al fine di scongiurare ogni pericolo per il singolo e per la collettività.

Nonostante la delicatezza della questione, non è ad oggi pacifico per la giurisprudenza se il montaggio della bombola rappresenti una mera facoltà o assurga invece a rango di obbligo gravante sull'esercente attività di vendita: tenteremo in questa breve trattazione di dimostrare la sussistenza dell'obbligo di montaggio.

Per la comprensione del complesso quadro normativo che regolamenta la materia, e delle ragioni di una così intensa attività normativa, bisogna considerare la pericolosità intrinseca della bombola GPL, tale da ricondurne l'attività di vendita nella previsione dell'articolo 2050 cc, in base al quale “chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

La disciplina di base del settore è dettata dalla legge 2 febbraio 1973, n. 7 come modificata dalla legge 1 ottobre 1985, n. 539, interamente sostituita poi dal D.Lgs. 22 febbraio 2006 n. 128, che regolano tra l'altro l'attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti. In entrambi gli interventi normativi il legislatore pone espressamente a carico delle imprese distributrici severi obblighi di formazione del personale addetto. L'art. 7 L. 7/1973 dispone che “ogni impresa distributrice di gas di petrolio liquefatti deve provvedere, sotto la propria responsabilità [...], a istruire i propri distributori e addetti nell'uso dei recipienti e dei loro annessi”. Ancora più chiaramente l'art. 11 co. 1 D.Lgs. 128/2006: Al fine di garantire la sicurezza antincendio nelle attività di installazione ed utilizzo delle bombole, ogni azienda distributrice di GPL in bombole provvede, mediante apposito corso di addestramento tecnico, a far istruire i propri rivenditori sull'uso corretto dei recipienti e dei loro annessi”; nei commi successivi si dettano ulteriori vincoli per la qualificazione dei soggetti autorizzati all'attività di formazione del personale.

La ratio legis, enunciata in apertura della citata disposizione, chiarisce ad un tempo la finalità del legislatore e la pericolosità intrinseca riconosciuta ad ogni fase della distribuzione di GPL (ivi incluso l'utilizzo): alla luce di ciò, la vendita di GPL non sfugge all'inquadramento come attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., e conseguentemente il montaggio come idonea misura cautelativa.

La previsione di così precisi (ed onerosi) obblighi formativi non troverebbe inoltre giustificazione laddove si potesse demandare l'attività di montaggio ad un quisque de populo, vista anche la complessità delle attività di montaggio che costituiscono oggetto dei corsi di formazione. Questa si evince particolarmente dalla lettura delle disposizioni contenute nelle tabelle UNI-CIG 7131, edite nel 1972 e novellate nel 1999, in un crescendo di complessità e rigorosità delle operazioni descritte e delle misure precauzionali previste. Anche la previsione di una responsabilità per la mancata formazione del personale sarebbe vana se la tutela dell'incolumità pubblica e privata così approntata si arrestasse all'atto della vendita, interpretando il montaggio come mera facoltà.

Se ne ricava, applicando un'interpretazione logica, che il legislatore minus dixit quam voluit, dovendo la suddetta responsabilità (e l'obbligo sottostante) essere naturalmente estesa a tutto il ciclo di vita del recipiente di GPL, fino al momento della restituzione – salva la prova del caso fortuito ex art. 2050 c.c.. Non a caso il legislatore ha imposto precisi obblighi di ritiro (art. 5 L. 539/85) e di bonifica (art. 249 D.P.R. 547/55) della bombola, unico momento in cui la pericolosità dell'apparato viene a mancare. Tra le “misure idonee ad evitare il danno” previste all'art. 2050 cc, va dunque annoverato il montaggio della bombola da parte del venditore, che rappresenta forse la più elementare delle cautele idonee a scongiurare successivi eventi dannosi.


Di contro, in più occasioni i venditori hanno fatto appello, per andare esenti da ogni forma di responsabilità post-vendita, ai provvedimenti del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) del 1991, che stabiliscono tariffe differenziate per la vendita di GPL in bombole a seconda che l'utente provveda autonomamente al montaggio ovvero si serva dell'assistenza del rivenditore. Il contrasto di questi atti con il quadro normativo delineato è palese, e questo ha motivato la tendenza di alcuni giudici a disapplicarle.

Altro argomento contrario frequentemente allegato è l'asserita mutua esclusione tra la responsabilità del custode della bombola ex art. 2051 cc e quella del rivenditore ai sensi dell'art. 2050 cc, che cesserebbe con la consegna del recipiente di gas all'utente-custode.

Tali obiezioni a nostro avviso non colgono nel segno, poiché le due distinte presunzioni di responsabilità coprono aree diverse, e pertanto non sono inconciliabili tra loro: mentre la presunzione di responsabilità ex art. 2051 deriva dal fatto che il custode non abbia provveduto agli obblighi di custodia della cosa, quella di cui all'art. 2050 deriva dalla piena consapevolezza della pericolosità dell'attività espletata. Da ciò deriva che, quando siano individuabili – come nel caso di montaggio a cura dell'acquirente – due distinti comportamenti od omissioni dannosi da parte dell'esercente e dell'utente, entrambe le norme trovano applicazione: se all'utente si rimprovera l'aver agito con imperizia, infatti, al rivenditore si rimprovera l'aver agito con negligenza, per aver lasciato al primo il compito del montaggio. La responsabilità sarebbe dunque cumulativa.

La contraddizione tra i provvedimenti CIP e la prassi negoziale da una parte, e la normativa di settore dall'altra, è stata nel 2005 anche oggetto di un'apposita interrogazione parlamentare, che ha sollecitato il ministero competente ad “adottare iniziative volte ad una revisione della normativa concernente l'esercizio e la commercializzazione del GPL in bombole, considerate le incongruenze e le lacune riscontrate in sede di applicazione delle norme in vigore; anche introducendo il divieto per i rivenditori di consegnare la bombola di gas all'utente [...] e far sì che tutte le operazioni di allaccio e di prova di tenuta siano svolte esclusivamente dal distributore all'uopo abilitato”. Le rassicurazioni governative che le sollecitate iniziative sarebbero state accolte nell'ambito della delega legislativa sfociata nel D.Lgs. 128/2006, tuttavia, non ci sembrano essere state pienamente confermate dal testo dell'atto normativo. L'atto delegato, pur riordinando l'intera disciplina, trascura di esplicitare l'obbligo qui desunto, né prende posizione contraria, lasciando ancora ai giudici il compito di colmare l'evidente lacuna.

La soluzione interpretativa qui sostenuta è supportata anche da un consolidato orientamento giurisprudenziale, di cui è espressione una importante sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sez. IV del 19 gennaio 1995 (imputato Pinto) che ha condannato per omissione colposa il venditore di bombole per aver omesso di provvedere a tutte le operazioni di trasporto e installazione delle relative bombole presso i privati acquirenti affermando chiaramente che “Sulle imprese distributrici di gas di petrolio liquefatto grava l'obbligo – secondo la corretta interpretazione dell'articolo 9, 1° comma, L. 2 febbraio 1973 n. 7 – di provvedere a tutte le operazioni connesse all'attività di distribuzione e vendita delle bombole, tra cui anche quelle relative all'installazione delle stesse”.

Anche sulla presunzione di responsabilità ex art. 2050 cc la Suprema Corte è intervenuta per chiarire che la presunzione di responsabilità contemplata dalla norma dell'art. 2050 c.c. per le attività pericolose può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell'esercente l'attività pericolosa l'onere di dimostrare l'adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno: pertanto, non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge (Cass. civ., sez. I, 19 gennaio 1995 n. 567).

Considerata l'ancora vasta diffusione dell'uso di GPL in bombole, particolarmente per il riscaldamento domestico, sarebbe auspicabile una più netta presa di posizione da parte del legislatore, che fughi definitivamente i dubbi a beneficio della collettività e della certezza del diritto.