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Validità dell’atto di trasferimento della costruzione non conforme ai titoli abilitativi: Sentenza SU Cassazione del 22 marzo 2019, n. 8230

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, sono intervenute a dirimere un contrasto giurisprudenziale in tema di validità dell’atto di trasferimento di un bene immobile non conforme ai titoli abilitativi. Al fine di comprendere la reale portata della pronuncia è importante inquadrare la vicenda storica da cui essa è derivata.

 

Vicenda storica: Tizio acquista con atto notarile due appezzamenti di terreno nelle vicinanze di Nola ed intesta fittiziamente la nuda proprietà alla moglie e l’usufrutto alla suocera. Successivamente all’acquisto, Tizio provvede a sue spese a ristrutturare un vecchio fabbricato rurale presente su uno dei due terreni. A distanza di alcuni anni, i coniugi si separano e, durante il giudizio di separazione personale, Tizio esperisce un’azione simulatoria nei confronti della moglie e della suocera, finalizzata alla declaratoria della simulazione dei suddetti acquisti. Tizio trascrive la domanda simulatoria e scopre che, nel frattempo, la moglie e la suocera avevano alienato entrambi i terreni ed il fabbricato.

 

Giudizio di primo grado: Tizio cita dinanzi il Tribunale di Nola le due venditrici (moglie e suocera), il notaio che ha redatto l’atto ed il compratore, e ciò al fine di ottenere la dichiarazione di nullità della compravendita. Tizio sostiene che tale atto è nullo in quanto egli, nel ristrutturare il fabbricato, si è discostato da quanto previsto dalla concessione edilizia. Il trasferimento, pertanto, ha avuto ad oggetto un immobile abusivo.

Il giudizio si conclude con una sentenza di rigetto.

 

Giudizio di secondo grado: Tizio impugna la sentenza dinanzi alla Corte di Appello di Napoli. L’appello conferma la sentenza di primo grado e considera l’atto traslativo perfettamente valido, sebbene riguardante un immobile non perfettamente conforme alla concessione edilizia.

 

Sulla base di quali elementi i Giudici di merito (di primo e di secondo grado) hanno concluso per la validità dell’atto traslativo?

Il fondamento normativo delle citate decisioni è dato dall’articolo 46 del DPR 380 del 2001 secondo cui “Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria [...]”

I Giudici fondano le loro decisioni su uninterpretazione letterale della citata norma e danno rilievo al fatto che la venditrice ha dichiarato, in sede di vendita, gli estremi del titolo amministrativo. Ciò è sufficiente a considerare l’atto traslativo valido. A nulla rileva la circostanza che il manufatto risulti non conforme ai titoli abilitativi: da ciò possono discendere conseguenze di diversa natura ma non di tipo civilistico. La nullità prevista dall’art. 46 è testuale e formale e scatta quindi solo in assenza della dichiarazione e a nulla rileva il fatto che il manufatto che si trasferisce sia abusivo.

 

Corte di Cassazione: Tizio, soccombente anche in appello, impugna la sentenza di secondo grado ed investe la Corte di Cassazione la quale, preso atto del contrasto giurisprudenziale, invita le Sezioni Unite a pronunciarsi.

Prima di analizzare la soluzione adottata dalle Sezioni Unite è utile tracciare, sia pure brevemente, i due orientamenti che si sono contesi il terreno fino a tale decisione.

 

Nullità testuale-formale: dal 1985 fino al 2011 la tesi dominante pone l’accento sulla dichiarazione dell’alienante. In presenza di essa l’atto di trasferimento è valido anche se ha ad oggetto un manufatto abusivo. Risulta evidente che, secondo i sostenitori di tale orientamento, il Giudice deve interpretare la norma secondo il dato letterale e deve solo verificare che, nel caso che gli viene sottoposto, ci sia la dichiarazione.

 

Nullità virtuale: tra il 2012 ed il 2015 si registrano sentenze in senso opposto. Esse riconoscono al Giudice sia il compito di accertare la presenza della dichiarazione sia quello di verificare che l’opera realizzata sia conforme agli atti amministrativi. Tali pronunce si fondano sull’interpretazione teleologica del citato articolo 46. Se la ratio della previsione normativa è quella di contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio, il Giudice deve controllare anche la reale situazione del manufatto.

 

Le Sezioni Unite elaborano una soluzione diversa dalle due sopra menzionate anche se, per il suo contenuto, è più vicina a quella formalistica. Esse in pratica ribadiscono che il Giudice deve interpretare la legge secondo il dato letterale, ex art. 12 delle Preleggi, e richiedono che egli vada oltre al mero controllo della presenza della dichiarazione ed indaghi sulla veridicità di essa. I titoli abilitativi devono esistere e devono riferirsi allo specifico manufatto.