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In primo luogo, il ritenere obbligatorio il tentativo di conciliazione anche davanti ad organi diversi dal Co.re.com contrasta con il testo dell'articolo 12 della delibera 182/02, che attribuisce la facoltà, e non l'obbligo, di esperire tale tentativo di conciliazione. In secondo luogo si comprimerebbe da un lato il diritto di azione, creando così dei veri e propri deterrenti, e dall'altra si esporrebbe in modo forzoso l'utente a procedimenti che, a differenza di quello dinanzi al Co.re.com., risultano privi di ogni regolamentazione anche secondaria in ordine ad esempio ai contenuti dell'istanza, all'instaurazione del contraddittorio, sospensione dei termini per agire in sede giurisdizionale, attività di udienza, effetti della conciliazione, tempi di definizione ecc., oltre ad essere a titolo oneroso.
I rischi derivanti dal considerare obbligatorio anche il tentativo di conciliazione innanzi a tali organismi hanno indotto molti giudici a respingere l'eccezione di improcedibilità sollevata in casi simili a quello esemplificato, evidenziando così la natura facoltativa di tale procedura (sent. del GdP di Pozzuoli del 21/7/2004; ord. del GdP di Catania del 31/12/2004; sent. del Trib. di Torino del 21/7/2006 n. 5186; sent. del GdP di Teano del 20/2/2007).
Nei precedenti giurisprudenziali spesso richiamati a sostegno dell'orientamento contrario, si afferma che l'obbligo della procedura conciliativa davanti alla Camera di conciliazione presso le camere di commercio deriverebbe dall'obbligo a conciliare, genericamente inteso, previsto dall'art.11 L. 249/97. Tale norma, però, rinvia alla normazione secondaria realizzata con la delibera 182/02, la cui effettività è sospesa nelle more dell'attivazione del Corecom; di conseguenza, “nessuno può essere assoggettato ad un tentativo obbligatorio di conciliazione, pur essendo libero ex art.12 D/182/02 di esperire un tentativo di conciliazione davanti ad organi diversi dal Corecom”.
Ad avviso di chi scrive, in considerazione dell'importanza del settore della telefonia, si avrebbe bisogno di una interpretazione uniforme della normativa e ciò allo scopo di evitare esiti diversi per giudizi uguali, ed assicurare la certezza del diritto. La confusione creata da testi normativi spesso scritti “in punta di penna”, infatti, non avvantaggia certo il cittadino, che viene ulteriormente scoraggiato dall'incertezza dell'esito di un giudizio, dei tempi e dei costi ulteriormente aggravati, e da una intricata matassa di norme e di interpretazioni che sembra aiutare solo i gestori resistenti. È incomprensibile, d'altronde, i motivi per cui organismi già istituiti e gravanti sulle casse dello Stato rimangano paralizzati da un'inspiegabile immobilismo dell'Autorità Garante, che favorisce esclusivamente i gestori e le sedi conciliative alternative, che a differenza dei Co.re.com, richiedono un esborso spesso superiore al valore della domanda.