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Nell'ottica civilistica la reintegrazione in forma specifica rimane un rimedio risarcitorio (o comunque riparatorio), ossia una forma di reintegrazione dell'interesse del danneggiato mediante una prestazione diversa e succedanea rispetto al contenuto del rapporto obbligatorio e non va confusa ne con l'azione di adempimento (diretta ad ottenere la condanna del debitore all'adempimento dell'obbligazione) ne con il diverso rimedio dell'esecuzione in forma specifica quale strumento per l'attuazione coercitiva del diritto e non mezzo di rimozione diretta della conseguenza pregiudizievole.

La forma specifica non è ne una forma eccezionale ne una forma sussidiaria di responsabilità, ma uno dei modi attraverso i quali il danno può essere risarcito, la cui scelta spetta al creditore, salva l'ipotesi di eccessiva onerosità o l'oggettiva impossibilità."

Sempre secondo il Consiglio di Stato, peraltro, il legislatore ha dichiaratamente inserito l'inciso - anche attraverso la reintegrazione in forma specifica - all'interno della disposizione che prevede che il G.A. dispone il risarcimento del danno ingiusto, con la conseguenza che contrasta con il dato letterale ogni interpretazione che pone l'istituto al di fuori di un'alternativa risarcitoria.

Lo strumento risarcitorio, sia per equivalente che in forma specifica, si caratterizza per l'imposizione al debitore (all'Amministrazione) di una prestazione diversa in sostituzione di quella originaria.

Se così è, "l'adozione da parte dell'Amministrazione di un determinato atto amministrativo attiene più ai profili di adempimento e di esecuzione che non a quelli risarcitori: in presenza di un illegittimo diniego e di accertata spettanza del provvedimento amministrativo richiesto, il rilascio dello stesso costituisce non una misura risarcitoria, ma la doverosa esecuzione di un obbligo che grava sull'Amministrazione, salvi gli eventuali danni causati al privato (esso viene infatti accordato a prescindere sia dall'esistenza di un danno patrimonialmente apprezzabile, che, soprattutto, dall'indagine sull'elemento soggettivo illecito).

Riportare anche tale fase nell'ambito della reintegrazione e quindi della tutela risarcitoria significa estendere a tale fase anche tutti i limiti di tale tutela, che sono più rigorosi rispetto ai limiti previsti per l'esecuzione.

Infatti, mentre la reintegrazione in forma specifica richiede una verifica in termini di onerosità ai sensi dell' art. 2058 comma 2 c.c., tale verifica non è richiesta in relazione alle forme di esecuzione in forma specifica della prestazione originariamente dovuta, per le quali può rilevare la sola sopravvenuta impossibilità.

Costituisce, pertanto, una diminuzione di tutela per il privato la conseguenza cui giungono le tesi criticate, in quanto quello che prima costituiva il ed. effetto conformativo per la P.A., assoggettato al solo limite della sopravvenuta impossibilità, verrebbe invece ingiustificatamente condizionato anche alla verifica di onerosità ai sensi dell'art. 2058 co. 9 c.c."

Dalla precedente disamina, sia giurisprudenziale che dottrinale, risulta evidente come, malgrado gli sforzi di elaborazione teorica, quello che è stato definito il nodo di Gordio (dei rapporti tra l'illegittimità del procedimento ad evidenza pubblico e il contratto di aggiudicazione conseguente) sia ben lontano dall'essere sciolto, ponendo problemi oltre che interpretativi anche di razionalità del sistema; problemi che, in un'ottica di semplificazione e maggiore certezza dei rapporti, sarebbe più opportuno risolvere, probabilmente, attraverso una revisione nel suo complesso dell'intero impianto normativo, piuttosto che (come è avvenuto) attraverso continui e parziali interventi di emergenza.