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L'art. 2933 c.c., nel disciplinare l'esecuzione forzata degli obblighi di non fare, sovrappone l'interesse pubblico all'interesse privato prevedendo che non può essere ordinata la distruzione della cosa e l'avente diritto può conseguire solo il risarcimento del danno se la distruzione della cosa è di pregiudizio all'economia nazionale.

Pertanto, secondo la giurisprudenza, se un limite è dato apprezzare nei sistemi risarcitori in ambito civile, a fortori devono ammettersi forme corrispondenti nel processo amministrativo.

Così, l'eccessiva onerosità per il debitore considerata dall'art. 2058 c.c., nell'applicazione dell'art. 35, muta veste e diventa eccessiva onerosità per il pubblico interesse e per la collettività, mentre rimane immutato il limite del pregiudizio per l'economia nazionale previsto dall'art. 2933.

Alla luce di questo nuovo sistema che vede l'estensione della cognizione del G.A. dall'atto al fatto, si è posta poi l'esigenza di dettare disposizioni sul processo più strettamente funzionali al nuovo assetto; da qui le previsione, tipiche di ogni processo paritario, di ampliamento dei poteri istruttori del G.A. e in particolare la possibilità di disporre la consulenza tecnica nel campo della giurisdizione generale di legittimità (art. 1 n.2 e 16 della L.205/2000) e la possibilità di ammettere i mezzi di prova previsti dal c.p.c. (art.7 lett.e n.3 ) quanto meno in riferimento alle controversie relative al risarcimento del danno.

Rimane tutta da sperimentare, tuttavia, la capacità del sistema di coniugare la logica dell'atto con la logica del rapporto, assicurando il necessario raccordo alla moltiplicazione degli schemi di tutela, nell'ambito di un disegno assiologico che è necessariamente complesso ma che deve rimanere comunque coerente.